“L'abuso psicologico è quello più difficile da dimostrare, perché non lascia lividi e occhi neri, ma è comunque feroce: è fatto di pugni sferrati con gli sguardi, di calci dati con le parole, di schiaffi assestati con le assenze, i silenzi e i rifiuti. O attuato con comportamenti che mirano ad esercitare potere e controllo sull’altro: dalla gestione del denaro all’installazione di telecamere in casa o di software sul cellulare.
Senza dimenticare le incessanti squalifiche, che tendono a fare sentire la donna continuamente incapace e inadeguata (“non sei capace”, “non sei una brava madre”, ecc.) per arrivare alla disconferma, una forma di comunicazione attraverso la quale l’abusante arriva persino a fare in modo che la vittima inizi a dubitare di sé stessa, della sua percezione della realtà fino a farla sentire disorientata, inadeguata e a sviluppare addirittura l’idea di essere “pazza” tanto da pensare che la visione prospettata dal suo aggressore è quella giusta” continua la Cialdella.
“Ma la violenza è un fenomeno complesso e trasversale – prosegue la psicologa – perché nella maggior parte dei casi l’uomo violento è il partner e il fatto che la violenza sia all’interno di una relazione intima rende tutto più difficile. Non c’è ceto sociale che tenga, purtroppo la violenza è “democratica”.
“E’ indifferibile una formazione specifica e necessario - conclude la dott.ssa Cialdella - il supporto di noi psicoterapeuti chiamati a ricostruire equilibri, ricucire, ricomporre traumi restituendo dignità alla vita di queste donne ferite profondamente”.